di Giuseppe Pastore
ROMA (Public Policy) – È stata necessaria una terza lettura parlamentare per approvare, in via definitiva, il disegno di legge in materia di intelligenza artificiale. Il via libera è arrivato mercoledì dall’aula di Palazzo Madama dopo che le commissioni 8a (Ambiente e lavori pubblici) e 10a (Sanità e lavoro) del Senato hanno concluso il 30 luglio l’esame del provvedimento respingendo tutti gli emendamenti depositati e conferendo il mandato ai relatori Tilde Minasi (Lega) e Gianni Rosa (FdI).
Il testo, si ricorda, è stato modificato durante la seconda lettura a Montecitorio dove il ddl è stato approvato a giugno. Oltre a contenere disposizioni in materia di intelligenza artificiale, il ddl delega il Governo ad adottare entro un anno uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento Ue del 13 marzo 2024.
Tra i principi generali viene fissato quello in base al quale “i sistemi e i modelli di intelligenza artificiale per finalità generali devono essere sviluppati e applicati nel rispetto dell’autonomia e del potere decisionale dell’uomo” assicurando la “sorveglianza e l’intervento umano”.
Durante l’iter nelle commissioni Trasporti e Attività produttive di Montecitorio, tuttavia, il testo ha subìto modifiche anticipate dalla presentazione da parte del Governo di un emendamento che avrebbe poi soppresso una norma introdotta dalla stessa maggioranza in prima lettura.
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Come accennato, l’emendamento depositato dal Governo ha soppresso una norma introdotta al Senato tramite un emendamento di maggioranza. Nel dettaglio si tratta della disposizione secondo cui “i sistemi di intelligenza artificiale destinati all’uso in ambito pubblico, fatta eccezione per quelli impiegati all’estero nell’ambito di operazioni militari, devono essere installati su server ubicati nel territorio nazionale, al fine di garantire la sovranità e la sicurezza dei dati sensibili dei cittadini”.
La norma adesso è stata soppressa dal testo perché – il ragionamento del Governo – la formulazione rischiava di essere troppo generica. Un problema interpretativo, secondo l’Esecutivo, che l’emendamento soppressivo risolve evitando il rischio di “interpretazioni” scorrette. Scritta così, infatti, “sembrava che per la pubblica amministrazione fosse tutto bloccato e invece l’articolo era riferito solo alla sicurezza nazionale e alla difesa”, ha spiegato a fine maggio il sottosegretario Alessio Butti a Public Policy.
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