ROMA (Public Policy) – Il testo della riforma della giustizia è in discussione nell’aula di Montecitorio. Emendamento dopo emendamento, grazie a un faticoso accordo interno alla maggioranza, si arriverà al via libera da parte della Camera e poi, con una eventuale fiducia al Senato, all’approvazione definitiva. Considerato il conclamato problema della giustizia che in Italia esiste da decenni, sottolineato anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della sua rielezione, si tratta di un provvedimento cruciale.
Tuttavia, qualcuno definisce questa riforma Cartabia “una somma di pannicelli caldi che non risolvono gli annosi problemi della giustizia”. Ed è Michele Vietti, che oltre a essere un giurista è stato vicepresidente del Csm dal 2010 al 2014 (nonché deputato e sottosegretario alla Giustizia).
D. Vietti, perché questa riforma è una somma di “pannicelli caldi”?
R. Capisco l’esigenza di trovare un compromesso tra le visioni largamente divergenti della composita maggioranza che sostiene il Governo, ma il risultato è la sostanziale elusione dei nodi che da troppo tempo avviluppano e soffocano la giustizia che, se non saranno sciolti dal Parlamento, andranno tagliati dal referendum.
D. Entriamo nel merito, a partire dalle novità sul sistema elettorale che riguarda il Csm.
R. La nuova legge elettorale è sinceramente incomprensibile, per cui è molto difficile fare previsioni sui suoi esiti. Il mix di proporzionale e maggioritario comunque non promette bene e il permanere di un collegio unico nazionale per l’elezione di alcune componenti riporta fortemente in auge il ruolo delle correnti.
D. Invece limitare ad uno solo il passaggio tra pm e giudice è sufficiente a riequilibrare il peso tra le funzioni?
R. Nella riforma la separazione delle carriere non c’è ma ci si limita a ridurre a una volta sola la possibilità di cambiare funzione. Il problema non è questo. Rimane insoluto il tema del ruolo del pm, la grande anomalia di questi anni, e del suo squilibrio rispetto alla difesa e al giudice. Abbiamo fatto del pm il titolare del potere assoluto di esercizio dell’azione penale, il capo di tutte le polizie giudiziarie, il gestore delle intercettazioni e quindi del più potente mezzo di prova oggi utilizzabile nel processo. Nella riforma pm e giudici rimangono con lo stesso concorso, la stessa carriera, la stessa appartenenza associativa, lo stesso organo di governo.
D. Le novità introdotte sul fascicolo personale del magistrato possono aiutare a valutare l’operato del pm in modo più oggettivo?
R. Il fascicolo personale del magistrato già esiste e non è riuscito ad evitare che oltre il 99% delle valutazioni di professionalità operate dal Csm fosse positiva. Certo se verrà ripristinato un ruolo forte e responsabile dei capi degli uffici nel formulare pareri sulle progressioni in carriera, non stereotipati e retoricamente laudativi, e soprattutto se si valuterà la tenuta delle decisioni dei magistrati (sia giudici che pm) nelle fasi successive del processo, si riuscirà a fare un passo avanti verso una efficace selezione.
D. L’Anm, sindacato dei magistrati, è in stato di agitazione. Ci dobbiamo aspettare un nuovo round di conflitto tra politica e magistratura?
R. L’Anm, dopo molti proclami bellicosi, ha scelto una soluzione attendista. Mi sembra saggio, sia perché la riforma si limita a fare il solletico ai magistrati, sia perché protestare contro il legislatore quando tenta di cambiare un sistema che, anche alla luce dei recenti scandali, si è rivelato ormai indifendibile, è quantomeno irrituale. Per aversi conflitto tra politica e magistratura bisognerebbe che la prima avesse intenzioni bellicose ma, a giudicare dalle proposte sul tavolo, non mi pare che la politica abbia né la forza né l’autorevolezza di riappropriarsi dei ruoli da cui è stata (anche per colpa sua) scalzata.
D. Ogni partito manifesta critiche, da Italia viva ai 5 stelle. Questa riforma sembra scontentare tutti?
R. La riforma serve solo a dare l’impressione all’Europa che si è fatto qualcosa sul fronte della giustizia per ottenere i finanziamenti del Pnrr. Quando si vedrà che non ha inciso sul governo dei magistrati, e perciò sui tempi dei processi, temo che il bluff verrà scoperto. (Public Policy) PIT
(foto cc Palazzo Chigi)