Twist d’Aula – Populismo vivo e vegeto

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(foto – DANIELA SALA/Public Policy) 

di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – La notizia della morte del populismo è un poco esagerata. In Italia forse non se la passa bene come una volta, come dimostra la perdita di consenso che Lega e 5 stelle hanno registrato al primo turno delle amministrative delle grandi città. Inoltre il risultato di Calenda a Roma mostra che c’è spazio (anche maggiore di quello ottenuto dall’ex ministro) per una forza riformista che si intesti l’agenda Draghi. Ma leggendo bene i risultati elettorali, quelli delle periferie e dei piccoli centri, e ascoltando con attenzione quello che avviene oltreconfine, ci si accorge che il populismo è vivo e vegeto.

Non c’è dubbio che la pandemia abbia cambiato dei paradigmi. L’uno vale uno e l’incompetenza al potere appaiono ormai slogan vintage. Le invettive contro i migranti funzionano meno. È stato per lo più compreso che stanziare risorse per misure improduttive (come quota 100 e reddito di cittadinanza) non aiuta lo sviluppo e il benessere complessivo di una società. Che la campagna vaccinale viene gestita meglio dai militari che dagli amanti dei banchi a rotelle. Che l’Europa non è una cattiva matrigna, ma un’unione di Paesi con interessi talvolta diversi, ma sempre il luogo in cui stato di diritto e welfare sono più avanzati che in ogni altra parte del pianete. E che, quando serve, apre il suo ombrello protettivo.

Non c’è dubbio poi che il passaggio al Governo abbia spuntato tutte le armi retoriche dei 5 stelle e deluso più di qualcuno dei loro elettori. Per quanto riguarda la Lega (nella foto: il leader Matteo Salvini) il discorso è più complesso. Anche dopo il successo alle Europee del 2019, c’erano dubbi che la sovraesposizione mediatica di Salvini alla lunga potesse provocare più danni che vantaggi. Uno degli effetti collaterali è stato lo scollamento tra la Lega del Nord è la linea nazional popolare del segretario, fenomeno evidente già da un anno. Le ambiguità e gli ammiccamenti verso il movimento “no-vax” rendono poi diffidenti il resto dell’elettorato moderato e conservatore.

Tuttavia, a guardare con maggiore attenzione i risultati elettorali si può dire che se Atene piange, Sparta non ride. Il centrosinistra conquista diversi grandi centri che però non rappresentano l’intero Paese, città dove la destra non vince quasi mai. Inoltre, il Pd non avanza e vince per demeriti altrui, più che per meriti propri. Il crollo dei consensi di Lega e 5 stelle è infatti direttamente proporzionale all’aumento dell’astensione e gli elettori delusi sono stati a casa e non si sono certo convertiti all’anti- populismo. Il grande successo del 2018 è forse congelato, ma resta attivabile, come dimostra il travaso di quei voti verso il partito di Meloni. E, in ogni caso, nei centri minori il Carroccio continua a far incetta di voti. Sommando Fratelli d’Italia e Lega, stando ai sondaggi, si arriva comunque intorno al 40%.

Allargando l’inquadratura oltreconfine arrivano anche altri segnali, che il sovranismo è ancora tra noi. L’Afd alle politiche tedesche ha preso il 10,3% dei voti (nel 2013 era al 4,7% e nel 2017 al 12%). C’è l’ascesa di Zemmour in Francia sommata alle difficoltà di Macron. Trump ambisce a correre ancora per la Casa Bianca alla guida dei Repubblicani. La destra nazionalista al Governo in Polonia mette in discussione la primazia del diritto comunitario su quello europeo. I temi del populismo torneranno. Ricordiamo, per esempio, che 12 Stati membri dell’Ue (prevalentemente dell’est Europa) chiedono a Bruxelles risorse per finanziare la costruzione di muri per fermare l’immigrazione.

Può darsi sia vero che l’avvento di Draghi abbia scompaginato ancora una volta le carte e che molti italiani stiano apprezzando il suo lavoro. Un capitale che si può andare a riscuotere nelle urne, come potrebbe fare Calenda e come ambisce ad appropriarsene una parte del Pd (quella di Base riformista). Se la crescita economica sarà robusta e torneranno prospettive di crescita, fiducia nelle istituzioni, speranza nel futuro, allora la spinta populista potrà arrestarsi. Ma da qui a dire che il populismo è morto e sepolto dopo un turno di elezioni amministrative forse è un tantinello eccessivo. Passato il Covid, torneremo a fare i conti, quelli veri. (Public Policy)

@m_pitta