ROMA (Public Policy) – “Il finanziamento effettivo del Sistema sanitario nazionale (Ssn) è passato da 93,1 miliardi nel 2006 a 115,6 miliardi nel 2018, con un aumento medio annuo pari all’1,8%. L’aumento del finanziamento e le misure di contenimento della spesa attuate a livello centrale hanno favorito il rallentamento della dinamica espansiva del debito delle Regioni. Infatti nello stesso periodo la spesa sanitaria pubblica è cresciuta dell’1% medio annuo, quindi con un ritmo decisamente inferiore rispetto a quello delle risorse assegnate”. Lo rileva l’Istat nella memoria inviata al Parlamento sul dl Cura Italia.
Il “Patto per la salute 2019-2021” – prosegue l’Istat nella memoria che riguarda il terzo decreto contro la crisi da coronavirus – ha ridefinito il nuovo livello del fabbisogno sanitario nazionale fissando il Fondo sanitario nazionale a 116,5 miliardi di euro per il 2020 e a 118 per il 2021. Il finanziamento pro capite è passato da 1.580 euro nel 2006 a 1.911 nel 2018. In generale le regioni del Nord sono quelle con più risorse disponibili; in particolare nel 2018 Emilia Romagna e Liguria ricevono circa 2 mila euro pro capite e all’estremo opposto Calabria e Campania poco più di 1.700 euro”.
“L’attuale assetto delle risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale è in parte il risultato delle politiche attuate negli anni recenti, incentrate principalmente sul blocco del turnover nelle regioni sotto piano di rientro, cui si sono aggiunte politiche di contenimento delle assunzioni messe in atto autonomamente dalle regioni non sottoposte ai piani di rientro”, rileva ancora l’Istat nella memoria inviata al Parlamento.
“Il Servizio Sanitario Nazionale – spiega l’Istituto di statistica – tra il 2010 e il 2017 (ultimo anno con dati disponibili) ha registrato una riduzione di 42.861 unità (-6,7%). Nel 2017 il Ssn contava su 603.375 unità di personale, i medici erano 101.100 (-5,9% rispetto al 2010) e il personale infermieristico 253.430 (-3,9%). Rispetto alla popolazione residente, il personale dipendente del Ssn è pari a 99,7 per 10 mila residenti: il tasso varia da un minimo di 66,7 nel Lazio a un massimo di 169,1 in Valle d’Aosta. Per i medici il tasso è pari a 16,7 per 10 mila residenti (minimo 12,2 nel Lazio, massimo 25,5 in Sardegna). Per il personale infermieristico si contano 41,9 infermieri ogni 10 mila residenti (31,1 in Campania, 60,9 nella PA di Bolzano)”.
E ancora: “Le politiche attuate nel corso degli anni sono state finalizzate al recupero di efficienza del sistema e, in particolare, hanno tentato di migliorare l’efficienza organizzativa attraverso l’aumento dell’appropriatezza dell’assistenza. Una delle conseguenze di questi interventi è stata la diminuzione dei posti letto ospedalieri attuata favorendo la deospedalizzazione dei pazienti con condizioni patologiche gestibili a livello di assistenza territoriale. Dal 2010 al 2018 il numero di posti letto è diminuito in media dell’1,8%, continuando la tendenza osservata già a partire dalla metà degli anni ’90″.
“Dal 2010 al 2018 – si legge ancora – i posti letto ospedalieri, in strutture pubbliche o private accreditate, per le specialità richiamate dal decreto (Malattie infettive, Pneumologia e Terapia intensiva) sono diminuiti mediamente dell’1,2% annuo, con un ritmo leggermente inferiore a quello osservato per il totale dei posti letto. Tuttavia, scendendo nel dettaglio dei reparti, si può osservare che mentre i posti letto per le malattie infettive sono diminuiti del 2,9% e quelli per la pneumologia del 2,6%, i posti letto in terapia intensiva sono aumentati dell’1,2%. Nel 2018, il numero di posti letto ospedalieri, in strutture pubbliche o private accreditate, per le tre specialità considerate sono circa 2 ogni 10 mila abitanti, dei quali uno per 10 mila abitanti in terapia intensiva, 0,5 nei reparti per le malattie infettive e 0,6 ogni 10 mila abitanti per la pneumologia”.
“I reparti di malattia infettiva – sottolinea l’Istat – dispongono per il 90% di posti letto ordinari e per il 10% di posti in day hospital, quelli di pneumologia si compongono per il 93,2% di posti letto ordinari, per il 6,7% di posti in day hospital e per un residuale 0,1% di posti in day surgery. I reparti di terapia intensiva hanno il 98,1% dei posti letto destinato al regime ordinario, l’1,7% al day hospital e lo 0,2% al day surgery“.
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VIC